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Giorgia Gentili-
21/11/2023

Pillola gratuita ma solo per le donne under 26

Si attende la ratifica finale.

È passata la misura che rende gratuita la pillola anticoncezionale per le donne al di sotto dei 26 anni. Il Consiglio di amministrazione dell’Agenzia italiana del farmaco ha approvato nei giorni scorsi questa misura, per la quale attualmente si attende la ratifica finale.

Alla Commissione tecnico scientifica dell’Aifa spetterà una valutazione sulla rimborsabilità, questione che ha destato differenti dubbi da parte di diversi partiti politici. Secondo Beatrice Lorenzin, vicepresidente dem, e Cecilia D’elia, portavoce del Coordinamento nazionale delle donne Pd, il ristringimento della fascia d’età per la distribuzione di tale farmaco è dovuto a un chiaro intervento del governo e si tratterebbe “di un’impostazione culturale sbagliata e punitiva nei confronti delle donne”.

Lo scorso 21 maggio, la Commissione tecnico scientifica e il Comitato przzi si erano espressi positivamente riguardo la proposta senza limiti di età, la quale prevedeva una spesa stimata intorno ai 140 milioni di euro. La proposta del Cda dell’Aifa, invece, prendendo come modello la regione Emilia-Romagna stabiliva come età limite il 26 anni, prevedeva una spesa stimata intorno ai 4 milioni di euro. Il 24 maggio, la decisione è stata sospesa e rinviata per motivi economici e negli ultimi giorni proprio la seconda opzione, quella proposta dal Cda, è stata approvata.

C’è da dire che già dal 1993 la pillola anticoncezionale rientra tra i farmaci non rimborsabili, ma a partire dal 2017 diverse regioni hanno iniziato ad agire in maniera autonoma in ambito di rimborsabilità e sulle soglie di età. Il rischio, secondo le due senatrici, starebbe proprio nel fatto che la misura potrebbe andare a frenare l’azione di quelle regioni che si erano già adoperate per rendere la pillola disponibile per tutte le donne.

Altra questione che ha suscitato diverse polemiche è stata la decisione di rendere disponibile la pillola anticoncezionale solo all’interno dei consultori o di strutture pubbliche come gli ospedali: “È un boicottaggio per le ragazze del Sud ma anche per le giovanissime stesse, senza contare che le madri e le donne più grandi e più fragili vengono escluse dall’accesso alla maternità consapevole” hanno commentato Lorenzin e D’Elia.

“Peccato che appoggiarsi ai consultori significhi tagliare comunque fuori moltissime ragazze. Parliamo infatti di strutture che non vantano la capillarità delle farmacie, soprattutto in alcune zone del Paese, come al Sud. Si tratta di un passo indietro vergognoso che rallenta il percorso verso il pieno riconoscimento dei diritti delle donne e della loro autodeterminazione” ha criticato Elisa Pirro del Movimento 5 stelle.

Più tiepida la reazione di Luana Zanella di Alleanza Verdi e Sinistra, la quale ha commentato: “Una stretta rispetto al progetto iniziale ma, intanto, sollecitiamo una decisione che sarà importante per ragazze e giovani donne. Adesso aspettiamo l’ufficialità al più presto. Che almeno si salga il primo gradino di questo percorso”.

Sicuramente il problema della capillarità e della distribuzione dei consultori non può essere trascurato; per questo motivo, allineandoci con le parole di Zanella, ci aspettiamo che questo sia solo il primo passo di un percorso in cui si andrà via via a raddrizzare la mira.