Ogni volta che muore una donna in un delitto di genere, molte donne vittime di abusi e maltrattamenti si chiedono se valga la pena denunciare.
L’equazione di una certa parte di stampa malevola, infatti, è spesso sottile: la donna vittima di femminicidio aveva già denunciato e nessuno ha fatto nulla, ergo a cosa serve esporsi in una denuncia? Forse a morire!
Ebbene questa è una vera e propria manipolazione totalmente destituita di fondamento.
Ogni anno migliaia di donne ricevono assistenza, non solo legale, dai centri antiviolenza riuscendo in questo modo non solo ad uscire dalle dinamiche di abuso e maltrattamenti, ma anche a riprendere in mano la loro vita. Alcune donne, infatti, per la prima volta possono scegliere cosa mangiare, cosa comprare ai loro figli, chi frequentare, esprimere un’opinione o una preferenza senza doversi allineare al pensiero di un altro. Perché di tutti questi migliaia di casi la stampa non parla?
Ovviamente perché non fanno notizia!
Questi dati, infatti, sono ben noti o facilmente reperibili sulle piattaforme dedicate al censimento del fenomeno della violenza di genere, ma a chi interessa diffonderli se invece di seminare terrore e sfiducia nel sistema, possono far nascere la speranza per tante vittime?
Bene, interessa a chi scrive e per questo oggi ve ne voglio parlare.
Dal 2016 ad oggi il numero di femminicidi che si consumano in un anno è rimasto pressochè invariato e parliamo di una cifra prossima a 100.
Un numero spaventoso, gravissimo e che deve spingerci a fare ancora meglio e ancora di più, per far sì che l’uno diventi zero.
Ma qual è il numero di donne che escono fuori dalla dinamica di violenza?
Lungi dal voler fare in questa sede una dissertazione statistica che annoierebbe chi scrive ma soprattutto chi legge, voglio provare a tradurre questi numeri in casi concreti, attraverso alcune storie di donne che dopo la denuncia ce l’hanno fatta per davvero.
Per ragioni di privacy e sicurezza alcuni dati saranno di fantasia, ma ciò non sminuirà in alcun modo la veridicità del racconto.
- Elena, la ragazza intrappolata in un rapporto tossico e violento
Incontro Elena al centro antiviolenza dopo essere stata aggredita fisicamente dal proprio ex fidanzato. Elena è una giovane ragazza, graziosa, esile e apparentemente insicura che vive la denuncia come se dovesse fare un’ammissione di colpa. La rassicuriamo e la sosteniamo nel ripercorrere alcuni anni dolorosi di questa relazione. Elena a tratti sembra non farcela, anche dopo la denuncia, con l’avvicinarsi del processo, teme di non riuscire ad affrontare le domande, gli sguardi, il giudizio.
Elena è stata forte. Lui è stato condannato ad una pena superiore a 4 anni di reclusione. Elena oggi ha una relazione che la rende felice, si sta laureando, lavora. Ha ricevuto un risarcimento danni pari ad € 15.000,00.
- Cinzia separata da un uomo violento che non la lascia in pace
Cinzia è una mamma di due ragazzi. È riuscita a separarsi da un uomo maltrattante e violento, ma non è riuscita ad allontanarsene perché le sue precarie condizioni economiche la costringono a vivere in un appartamento attiguo a quello del suo abusante. Cinzia ogni mattina affronta insulti, minacce e teme per se stessa e per i figli. Cinzia non vuole denunciare, perché sa bene che da lì non potrà andarsene e teme che la denuncia possa alzare ancora di più il clima di violenza da parte dell’ex marito. Il tempo passa e la situazione non accenna a migliorare, anzi all’opposto, come sempre accade, la situazione diventa assai più grave. Cinzia finalmente prende il coraggio e denuncia. Incontro Cinzia al centro antiviolenza e mi racconta solo alcuni fatti di una vita di sofferenze che ancorchè non narrate, si leggono chiaramente nei suoi occhi pieni di tristezza mista a paura e sfiducia in un sistema troppo spesso raccontato come “assente e inefficacie”. Cinzia, in fondo, non si fida di noi, ha paura che raccontare le atrocità vissute in casa, possa farla apparire una cattiva madre. Dopo alcuni colloqui, tuttavia, guadagniamo la fiducia di Cinzia e la verità emerge in tutta la sua drammaticità.
Cinzia ora è al sicuro con i suoi figli. Lui è stato condannato e si trova ristretto in carcere. Cinzia e i suoi figli hanno ottenuto un grosso risarcimento.
- Sara stuprata dal suo ex fidanzato
L’amore non può far male, questo Sara lo sa bene per questo ha deciso di denunciare il suo ex fidanzato che approfittando dell’amicizia di Sara successiva alla loro relazione, ha messo in atto l’atto più spregevole nei confronti delle donne: l’abuso sessuale.
Sara sin dall’inizio, nonostante la sua giovanissima età, aveva le idee molto chiare. Nessun perdono, nessuna minimizzazione, quello che è accaduto è un fatto troppo grave per poterlo chiudere in un cassetto. Del resto non esiste un cassetto tanto profondo da poter contenere un fardello di dolore così grande, finirà per uscire fuori prima o poi come un maglione troppo ingombrante i cui lembi sbordano dal cassetto ogni volta che lo si apre per darci una sbirciatina.
Sara, però, ha dato un’ultima occasione al suo aggressore, quella di potersi sinceramente pentire e di scusarsi in udienza, non perché questo lo avrebbe potuto sottrarre dalle conseguenze giudiziarie, ma avrebbe potuto in qualche modo alleggerirle.
Sara non ha perdonato, ha chiesto al Giudice di andare fino in fondo dopo aver ascoltato non parole di sincero pentimento, ma di giustificazione ad un atto talmente spregevole che non può essere in alcun modo giustificato.
Sara oggi lavora e studia, ha ripreso la sua vita come una ragazza così giovane dovrebbe poter fare. Lui è stato condannato ad una pena molto alta e al risarcimento danni.
Non è possibile in questa sede raccontarvi le storie delle centinaia di donne che solo nei centri antiviolenza presso cui presto la mia attività professionale, grazie alla denuncia hanno riacquistato libertà e indipendenza. Spero tuttavia che le storie di Elena, Cinzia e Sara possano essere una valida testimonianza per continuare a credere nella rete antiviolenza e nella Giustizia.
Affidarsi alle professioniste dei centri antiviolenza è un valido strumento non solo per ottenere tutte le informazioni utili per uscire fuori dalle dinamiche di violenza, ma anche per acquisire indipendenza e autonomia. Nessuna donna, infatti, sarà obbligata a iniziare un percorso giudiziario che non è pronta a sostenere, ma sarà aiutata a rimettere se stessa al posto giusto, al centro della propria vita!
Se pensi di vivere o vivi, una relazione maltrattante, puoi chiamare il numero nazionale antiviolenza e stalking 1522 dove un’operatrice potrà indicarti il Cav a te più vicino.
Puoi anche contattare direttamente i Centri Antiviolenza gestiti dalla Cooperativa Girotondo Onlus, nella zona dei Castelli Romani e nel territorio di Guidonia:
Centro antiviolenza Piccoli Passi, via delle Cerquette 2 – via Antonietta Chigi 48 Ariccia, tel. 3791677172 – reperibile h 24
Centro Antiviolenza Ricomincio da me, via Malpasso d’Acqua snc Rocca Priora, tel. 3791011237 – reperibile h 24
Centro Antiviolenza Gea, via Casal Bianco 18 Guidonia, tel. 3490798572 – reperibile h 24