
È un dato di fatto: il consumo del cibo ultraprocessato cresce di anno in anno, anche in Italia. Questa categoria di alimenti incontra il favore dei consumatori perché propone cibi “ready to eat”, pronti da mangiare, facili e veloci. L’unico impegno, a volte, è quello di riscaldarli qualche minuto in padella o microonde, in più hanno il vantaggio di avere scadenze lontane, quindi si conservano a lungo.
Ma tutta questa comodità purtroppo ha un prezzo che è quello di avere effetti negativi seri sulla salute testimoniati da numerosi studi che ne comprovano una correlazione con l’insorgenza del tumore al colon, oltre ad altre patologie legate alla cattiva alimentazione come, ad esempio, l’obesità, il diabete e le malattie cardiovascolari.

Partiamo sempre dal presupposto che, se di cattive abitudini si tratta, mangiare cibo ultraprocessato deve essere un’abitudine reiterata nel tempo e non un consumo casuale, solo in rare occasioni. Ancora una volta il buon senso deve guidare le nostre scelte ma… attenzione! Troppo spesso le aziende agiscono secondo logiche di marketing e si pongono l’obiettivo di creare, grazie agli insaporitori chimici, una sottile dipendenza che porta ad acquistare e consumare sempre di più questi cibi.

Ma cerchiamo di capire bene la distinzione fra le varie categorie di cibo:
- Cibo non processato: l’alimento si presenta integro, non molto dissimile da come appare in natura, magari solo lavato, come nel caso di alcuni frutti o ripulito, come nel caso della verdura, oppure pastorizzato come il latte o pelato e porzionato come la carne o come il pesce eviscerato o in tranci.
- Cibo processato: l’alimento presenta un grado molto basso di lavorazione, come nel caso di un petto di pollo cotto e con l’aggiunta di sale, olio e spezie naturali.
- Cibo ultraprocessato: in questo caso l’alimento è stato intensamente lavorato e contiene un gran numero di ingredienti aggiunti, spesso difficili da identificare. Purtroppo gli esempi sono in molti cibi di uso quotidiano: i cibi pronti, le bevande zuccherate, gli yogurt aromatizzati, le merendine, i crackers, gli hamburger, le polpette, le cotolette, i wurstel, le paste ripiene, i gelati industriali e tutti gli snack di varia natura.

La differenza tra un cibo non processato ed un cibo ultraprocessato si capisce già leggendo l’etichetta; dalla quantità degli ingredienti, dalle sigle che contraddistinguono le sostanze aggiunte ma non raccontano esattamente di cosa si tratti e dalla lavorazione. La regola è quella che un cibo ultraprocessato riporta una lista molto lunga di ingredienti che è sinonimo di un’eccessiva elaborazione.
I consigli per prendersi cura della nostra salute? Come abbiamo detto all’inizio la moderazione è sempre la scelta migliore. Quindi se un giorno ci concediamo, perché siamo in viaggio o fuori casa, una merendina confezionata, nei giorni seguenti cerchiamo di fare colazione o merenda con cibi non processati e poi è giusto precisare che non tutti i cibi ultraprocessati fanno male allo stesso modo. Ad esempio lo yogurt non causa gli stessi rischi degli alimenti a base di proteine animali come i wurstel o i nugget di pollo che andrebbero totalmente aboliti.

Ma la linea guida fondamentale è quella di prendersi il tempo, magari una volta la settimana, per preparare in casa cibi pronti e porzionati utilizzando materie scelte e di avvalersi delle tecnologie per conservarli, come il sottovuoto e la surgelazione domestica.