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Il Romanticismo

22/06/2023
La zattera della Medusa

Se l’arte greca aveva ispirato il culto nei neoclassici del “ Bello ideale” all’insegna del Mito , ora le nuove aspirazioni romantiche vogliono trovare nel Medio Evo le radici di quei valori che affidavano al cuore più che alla ragione il compito di rappresentare e diffondere i sentimenti più veri e profondi dell’essere umano, visto anche nella sua fragilità e incompiutezza. Nostalgia e inquietitudine sono alla base di quella ricerca di ” Paradisi perduti” che avevano saputo dare risposte concrete all’agire umano. Ora però, con il crollo della grande illusione napoleonica e l’avvento delle restaurazioni monarchie, tutto sembra implacabilmente lontano, avvolto nella nebbia più fitta, ma proprio per questo più desiderabile e da perseguire con tutta l’urgenza possibile, data la drammaticità del momento storico. L’illuminismo però non è passato invano, già la rivoluzione francese ne è un esempio e il diritto alla “libertà di pensiero, parola ed opera” è un atto di fede che guida tutta la cultura romantica verso il Risorgimento che culminerà nel ‘48 con l’affermazione del “Diritto delle genti” all’autogoverno. Un movimento planetario, un’esplosione di passionalità e furore eroico come quello portato avanti, anzi urlato, dallo Sturm und Drang quel movimento culturale tedesco che segna la nascita, insieme ai poemi Ossianici inglesi, del Romanticismo. “Tempesta ed impeto” dunque così come furore eroico e anelito alla libertà sono il fil rouge che unisce le nuove generazioni, da V.Hugo, all’Alfieri, da U. Foscolo a G. Leopardi, da Goethe a A. Manzoni, da E.Delacroix a T. Géricault (1791-1824).

Ed è proprio con T.Gericault che intendiamo introdurre il Romanticismo, anche se vissuto in epoca napoleonica che però superò per la vastità e l’anticonformismo dei suoi interessi, per l’impeto che pervade i suoi quadri, per i suoi ideali che ci appaiono già interpreti e precursori della nuova corrente. E non solo, perché il suo dipinto più famoso  “La zattera della medusa”, oggi al Louvre, scritta per un tragico naufragio che aveva suscitato scalpore e indignazione nell’opinione pubblica, ci riporta inevitabilmente ai giorni nostri, dove sulle coste del crotonese si contano ancora i morti tra il relitto di quel barcone che doveva essere “La Speranza”, come quella di Mastro Ntoni nei “Malavoglia” di G. Verga e che invece è stata la loro tomba. Anche in quel caso l’opposizione liberale ne attribuì la responsabilità alla stessa amministrazione statale, anche in quel caso scatenò violente polemiche politiche .

Il quadro è prettamente romantico, esprime l’immediatezza e l’istantaneità dell’azione in tutta la sua drammatica sequenza: i corpi agonizzanti, quelli ormai senza vita che stanno per essere inghiottiti dal mare, la zattera improvvisata in balia delle onde, squassata dai marosi che stanno per affondarla, che si solleva restando in bilico, mentre la vela si gonfia per il vento tempestoso, lo sventolare disperato delle vesti dei superstiti in cerca d’aiuto. Tutta una rappresentazione titanica a comporre un orribile dramma in un crescendo parossistico di disperazione e morte.

Una luce livida irrompe su quei corpi martoriati, appena visibili nell’oscurità della notte, che sarà per loro l’ultima notte e a nulla porterà il lontano chiarore dell’alba.

Così come non ci sarà una nuova alba per il nostro artista che, affetto ancora giovane da una grave lesione vertebrale vedrà spegnersi la sua luce a soli 32 anni. Non prima però di aver dipinto opere intense sulla tratta degli schiavi, sull’Inquisizione spagnola, e sulla famosa serie dei “Pazzi”quelle anime perse che nessuno vuol vedere.

Pazzia e genio nella poetica romantica si toccano quasi a compenetrarsi nella comune sofferenza.