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Daniela Fiacchi

Violenza digitale di genere: conoscerla per riconoscerla

04/03/2024

“WWW. WEB WOMEN WANT”

Parafrasando l’acronimo del World Wide Web, la grande ragnatela mondiale, cogliamo l’opportunità di questo spazio per parlare di violenza digitale, di come riconoscerla e tutelarsi, ma anche delle modalità con cui potrebbe insidiarsi nelle relazioni maltrattanti.

Importante partire dal concetto secondo il quale, la violenza digitale di genere, non è una nuova forma di violenza, ma una diversa modalità di manifestazione della stessa.

Gli strumenti digitali, infatti, possono incrementare e aggravare le dinamiche intrinseche la violenza domestica, introducendo nuove condotte abusanti all’interno delle relazioni; spesso, le piattaforme online, rappresentano uno strumento facilitatore e/o complice nelle manifestazioni violente.

Come si è arrivati a parlare di violenza digitale e come entra nel lavoro dei Cav?

Durante l’isolamento sociale, dovuto alla crisi sanitaria legata al virus Covid-19, la tematica dell’utilizzo del digitale nella violenza di genere, è risultata come una delle criticità fortemente emergenti all’interno del lavoro nei centri antiviolenza. Di conseguenza, approfondire le dinamiche sottostanti tali soprusi, è diventata una priorità nel supporto che ogni giorno, come operatrici dei CAV, costruiamo assieme alle donne, nelle loro storie personali.

Benché il mondo dell’online sicuramente rappresenti un valido supporto e strumento per le donne che vivono o pensano di vivere, una relazione maltrattante, consentendo loro di accedere a richieste di aiuto e/o reperire informazioni sui vari servizi presenti sul territorio, ciò non esclude, la possibilità di trovarsi in un terreno fertile per la divulgazione e l’esacerbarsi di agiti violenti, messi in essere dal partner.

Come operatrice dei Cav ho sentito spesso ripetere la frase “è sempre con me”, facendo riferimento alla costante presenza, seppur non fisica, del partner violento nella propria quotidianità.

Questo accade perché purtroppo il mondo digitale permette al maltrattante, tramite azioni specifiche, di andare oltre i confini dell’offline: l‘archiviazione, la replicabilità e la pervasività della comunicazione multimediale, permette agli strumenti digitali, utilizzati dall’abusante, di essere perennemente collegati alla vittima.

Possiamo considerare alcune differenti fasi di rischio in una dinamica violenta digitale, ossia:

  • Sorveglianza manifesta: le donne ne sono consapevoli, questa modalità avviene principalmente nelle situazioni in cui si è ancora nella relazione e la stessa acconsente – consenso minato prevalentemente da pressioni psicologiche/minacce/intimidazioni – ad un controllo dei propri device digitali e/o account social e mail.
  • Sorveglianza nascosta: le donne non ne sono consapevoli, fase maggiormente presente nelle situazioni di relazione terminata e/o stalking. Tale controllo avviene mediante il monitoraggio continuo degli account social oppure avvalendosi dell’utilizzo di stalkerware.

Ascoltando le storie e i vissuti di moltissime donne che si rivolgono al centro antiviolenza, emerge un forte controllo coercitivo agito dal proprio partner, attraverso strumenti e/o software accessibili a tutti noi e di uso quotidiano; tale controllo, costrittivo, umiliante e limitante per chi lo subisce è, alle volte, sottostimato o non reputato come potenzialmente pericoloso.

Nelle donne che vivono una dinamica relazionale violenta, l’utilizzo del digitale fa si che il maltrattante sia “onnipresente” mediante: messaggi, chiamate continue, controllo tramite ricevitori gps – geolocalizzatori, utilizzo di stalkerware (app spie) e monitoraggio dei social media.

Che cosa sono dunque gli stalkerware? In che modo entrano nelle vite delle donne e in particolare possono incrementare la condotta violenta del maltrattante?

Stalkerware è un termine utilizzato per definire i programmi informatici utilizzati per spiare determinati dispositivi digitali, intercettando tutte le attività effettuate tramite quel dispositivo.

Tramite un software di Spyware è possibile, ad esempio, intercettare messaggi di testo, chat, telefonate, social network, posizione GPS, etc.

Importante sottolineare, che un software non è altro che un codice all’interno di un dispositivo fisico (computer, smartphone, tablet, etc) e diventa spyware quando è applicato in una specifica situazione relazionale e con determinate volontà. Quando la volontà è avere il controllo della vita quotidiana di una persona specifica, lo spyware prende il nome di “stalkerware”.

Com’è possibile che tali app spia siano così facilmente accessibili e quasi invisibili?

Questo perché possono coesistere con un utilizzo di “facciata”, come quello dei parental control (per i minorenni), supporto a genitori anziani o anche nel rintracciare dispositivi rubati.

Tuttavia, è possibile tramite alcuni accorgimenti rilevare la presenza di queste applicazioni, ossia: esaurimento eccessivo della batteria; comportamento inadeguato del sistema operativo; applicazioni installate a noi sconosciute, ma che hanno accesso a contatti, videocamera, messaggi e galleria.

Nei casi in cui si è esposti o si presume si possano subire delle possibili situazioni di violenza digitale, è bene modificare le password di tutti gli account in uso, anche mail, rimuovere l’applicazione sconosciuta e/o far bonificare il device, ma anche cambiare le impostazioni della privacy (soprattutto nei social network).

In merito a questo, è bene aprire una doverosa parentesi, poiché la rimozione di un app in particolare, potrebbe essere notificata all’autore della stessa, e nelle relazioni violente il maltrattante può essere dunque informato dell’avvenuta eliminazione. Ciò potrebbe esporre la donna ad un ulteriore pericolo, per tale ragione nell’affrontare tale discorso con le donne che incontriamo al cav, facciamo particolare attenzione alla messa in sicurezza della stessa informandola delle possibili azioni da compiere.

Allo stesso tempo, è necessario rilevare come l’accesso ad internet sia comunque un valido supporto nella richiesta di aiuto, anche in emergenza, per tantissime donne che vivono situazioni di violenza di genere.

L’ascolto di molte donne, vittime di violenza digitale di genere, riporta vissuti di ansia, umiliazione, agitazione nel sentirsi costantemente osservate, seguite e controllate, minando la propria dignità e privacy, ma anche e soprattutto la propria libertà di muoversi, parlare e vivere “semplicemente” il quotidiano.

Il percorso al Cav, Centro Antiviolenza, luogo di donne per le donne, è uno spazio dove poter essere accolte, ascoltate ed elaborare il proprio vissuto raccontando ognuna la propria storia; il Cav rappresenta uno spazio dove, mediante un percorso personalizzato, consente di riacquisire la propria dignità e libertà come donne, ma ancor prima, come persone.

In conclusione, riprendendo la parte iniziale del “che cosa le donne vogliono…” possiamo dire che: quello che ogni donna vorrebbe è un posto sicuro e non violento e questo include anche la rete.

Se pensi di vivere o vivi, una relazione maltrattante, puoi chiamare il numero nazionale antiviolenza e stalking 1522 dove un’operatrice potrà indicarti il Cav a te più vicino.

Puoi anche contattare direttamente i Centri Antiviolenza gestiti dalla Cooperativa Girotondo Onlus, nella zona dei Castelli Romani e nel territorio di Guidonia:

  • Centro antiviolenza Piccoli Passi, via delle Cerquette 2 – via Antonietta Chigi 48 Ariccia, tel. 3791677172 – reperibile h 24
  • Centro Antiviolenza Ricomincio da me, via Malpasso d’Acqua snc Rocca Priora, tel. 3791011237 – reperibile h 24
  • Centro Antiviolenza Gea, via Casal Bianco 18 Guidonia, tel. 3490798572 – reperibile h 24