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Claudia Forestiero

Violenza economica: violenza (quasi) invisibile

18/07/2024

Le cose sono unite da legami invisibili: non si può cogliere un fiore senza turbare una stella”, frase attribuita a Galileo Galilei che, leggendola, mi ha fatto pensare alla violenza economica perché vi è un profondo legame tra denaro e potere, tra violenza e dipendenza/indipendenza economica.

La violenza economica è una forma di sopraffazione e controllo che priva, pian piano, la donna di una propria autonomia, impedendole di avere accesso alle risorse economiche.

In letteratura sono state individuate tre forme di violenza economica e altrettanti fasi di attuazione. Una prima forma consiste nel controllo economico, il maltrattante esclude la donna dalle scelte finanziarie, limita e impedisce l’accesso alle risorse economiche familiari costringendola, di contro, a chiedere soldi anche per l’acquisto di beni di prima necessità. Se non direttamente negati, i soldi sono elargiti con modalità umilianti e svilenti, spesso in quantità non congrue per sostenere le spese necessarie.

Le parole delle donne vittime – tra le altre, di violenza economica, sono esplicative:

Dovevo chiedere anche i soldi per l’acquisto dei libri scolastici per mio figlio… non li ho potuti comprare perché la considerava una spesa superflua”;

Mi ha convinta ad intestargli l’azienda della mia famiglia, la casa… ora non ho più niente”;

Lo sfruttamento economico, seconda forma, si esplica nel sottrarre il denaro alla donna, obbligandola a consegnargli il guadagno del proprio lavoro e/o contributi percepiti; ancora, attraverso l’imposizione di contrarre finanziamenti e/o mutui, anche di importi importanti.

Quando tornavo a casa gli dovevo consegnare i soldi, o se li prendeva da solo dalla borsa… a me non restava nulla, nemmeno i soldi per la spesa””;

Mi costringeva ad andare con lui al bancomat e ritirare i soldi dal mio conto”;

Infine, un’altra forma di violenza economica è il sabotaggio economico, ossia si impedisce alla donna di cercare e mantenere un lavoro o di frequentare un corso di studio.

Sono un’architetta, quando aspettavo la prima figlia mi ha convinta a lasciare il lavoro e a trasferirmi in un paese di montagna isolato da tutti”;

Sono venuta in Italia con la promessa che avrei potuto frequentare l’università, ma poi rimasi incinta…”.

Come le altre forme di violenza, anche quella economica presenta un escalation che via via rende la donna completamente assoggetta e priva di libertà di manovra e scelta. Di fatto, in un fase iniziale, la donna è, apparentemente, coinvolta nelle decisioni economiche e finanziare familiari, successivamente il controllo passa completamente nelle mani del maltrattante che mette a disposizione della partner una “paghetta”, da lui stesso stabilita e di cui dovrà fornire una rendicontazione dettagliata. Si arriva, poi, alla fase in cui vi è l’annullamento della libertà decisionale, non si ha la possibilità di scegliere cosa acquistare, di fare la spesa e/o visite mediche, di disporre di un conto economico personale e/o di una carta bancomat.

La violenza economica è subdola, spesso non viene percepita come tale e non si riconoscono le prime avvisaglie.

Possiamo immaginare gli effetti di tale forma di violenza facendo una similitudine con la spiegazione della teoria del caos del Fisico E. Lorenz che, in una sua pubblicazione scientifica, si domanda: “può un battito d’ali di una farfalla in Brasile causare un tornado in Texas?”. Attraverso la metafora dell’“effetto farfalla” viene spiegato, infatti, comepiccoli cambiamenti iniziali possono avere conseguenze importanti nel tempo. Il lento e progressivo depotenziamento della capacità economica della donna porta, di contro ad un maggior controllo e potere al maltrattante e, come anelli di una stessa catena, contribuisce a costruire l’isolamento della donna e al contempo alla demolizione della sua autostima, annientandola.

Il sistema politico e legislativo negli ultimi anni ha messo in campo delle risorse atte a sostenere le donne vittime di violenza, sebbene da sole non sufficienti. Nel 2020 il dpcm 17 dicembre 2020 ha introdotto un contributo nazionale, denominato “Reddito di Libertà”, per sostenere le donne vittime di violenza nella riappropriazione della propria autonomia. Inoltre la nuova misura di sostegno economico e di inclusione sociale e professionale (c.d “Assegno di Inclusione”) prevede, per le donne vittime di violenza in subordine al requisito economico ma prive di altri requisiti d’accesso, l’ammissibilità al beneficio grazie al riconoscimento di una condizione di svantaggio, ancora la possibilità di richiedere e ottenere un isee disgiunto dal partner.

Se pensi di vivere o vivi una relazione maltrattante, puoi chiamare il numero nazionale antiviolenza e stalking 1522 dove un’operatrice potrà indicarti il Cav a te più vicino.

Se ti trovi nel territorio dei Castelli Romani o nella zona di Guidonia, puoi contattare i Centri Antiviolenza gestiti da Cooperativa Girotondo:

  • Centro Antiviolenza Piccoli Passi: Via delle Cerquette 2/ Via Antonietta Chigi 48 Ariccia- Reperibilità telefonica H24 379.16.77.172
  • Centro Antiviolenza Ricomincio da me: Via Malpasso d’Acqua snc Rocca Priora -Reperibilità telefonica H24 379.10.11.237
  • Centro Antiviolenza Gea: Via Casal Bianco 18 Guidonia Reperibilità telefonica H24 349.07.98.572