Lo smart working ha coinvolto in maniera massiccia il mondo del lavoro durante la pandemia, divenendo così, in maniera molto repentina, una delle modalità lavorative più discusse e analizzate del nostro tempo.
Nell’ambito post-pandemico lo smart working prosegue nella sua diffusione anche nel nostro Paese, divenendo anche sperimentazione per nuove soluzioni lavorative. E così, mentre oggi molte aziende si interrogano su come adottarlo nel lungo periodo, si rende necessario riflettere criticamente sui suoi possibili sviluppi futuri. Infatti, se da un lato sembra offrire opportunità di flessibilità con un conseguente miglioramento della qualità della vita del lavoratore, dall’altro ecco emergere sfide significative, soprattutto in termini di equità di genere, e di salute psicofisica.
Contrazione dei costi e flessibilità
Il vantaggio più evidente che si riconduce allo smart working è sicuramente la flessibilità. La possibilità di poter lavorare ovunque ci si trovi, considerando sempre la tipologia di lavoro, permette di adattare i ritmi professionali alle esigenze personali, inoltre riducendo gli spostamenti e i conseguenti costi. Tale aspetto risulta essere particolarmente importante per coloro che vivono in aree lontane dai grandi centri urbani, o in quei casi in cui è tassativo dover andare a bilanciare i propri impegni familiari con il carico lavorativo.
Volendo invece analizzare l’aspetto della produttività ecco che vari studi evidenziano come la concentrazione e l’efficienza possano aumentare quando si lavora da casa, grazie all’eliminazione di quelle distrazioni che risultano essere tipiche degli uffici aperti. Sul fronte dei costi legati agli spazi fisici e all’energia è innegabile che il telelavoro riduca notevolmente i costi fissi, rendendo così tale modalità operativa molto appetibile anche da un punto di vista economico.
Smart Working e donne: ma è sempre un binomio vincente?
Lo smart working, anche se sembra offrire una maggiore flessibilità alle donne, in alcuni casi non fa che rafforzare quelle dinamiche professionali al femminile già in partenza problematiche. Le donne lavoratrici che ancora oggi si fanno carico della quota maggiore delle incombenze domestiche, possono trovarsi più facilmente sopraffatte dalla sovrapposizione tra doveri personali e quelli professionali, proprio quando, usufruendo dello smart working, dovrebbero essere invece agevolate.
Infatti, se da un lato il lavoro da remoto in teoria dovrebbe facilitare la gestione del tempo, dall’altro per molte donne si traduce in un aumento delle ore lavorative cosiddette invisibili, che in quanto tali non vengono conteggiate né tanto meno compensate.
Altro aspetto di certo non a favore dello smart working rosa, riguarda la disparità di carriera. Senza la visibilità quotidiana in ufficio e la possibilità di costruire relazioni informali, le donne potrebbero trovarsi ad essere penalizzate in caso di avanzamenti di carriera, aumenti salariali o assegnazioni di progetti. Purtroppo ancora oggi si viene percepite come “meno presenti” in ambito produttivo rispetto ai colleghi maschi, in un contesto aziendale che continua ad associare la presenza fisica all’impegno professionale.
In Italia: come stiamo messi
L’avvento dello smart working di fatto ha segnato una vera e propria svolta nel panorama lavorativo italiano, trasformando repentinamente e radicalmente le aspettative dei lavoratori. Nel 2020 molte aziende sono state costrette a doversi adattare a questo nuovo modello di lavoro, aprendo contestualmente la strada a una riflessione profonda sul come e dove lavoriamo. Rifacendosi ai dati forniti dall’Istat, il lavoro agile ha costretto ad un aggiornamento della conoscenza informatica per molti lavoratori sollevando però interrogativi importanti su quali siano oggi le reali necessità dei dipendenti italiani. Contestualmente viene a crescere la consapevolezza del proprio valore oltre il contesto lavorativo rivalutando così anche la qualità della vita, che deve andare oltre al riconoscimento professionale.
Certo è che adottare lo smart working comporta una distinzione tra lavoro e vita privata che sta perdendo un po’ i contorni, rendendo necessario un cambiamento di mentalità sia da parte dei datori di lavoro che dei dipendenti.
Il futuro tra innovazione e inclusione
Il successo dello smart working in un futuro prossimo sarà consequenziale alla capacità di riuscire a formulare una regolamentazione chiara, con contratti che definiscano i limiti del lavoro da remoto, come il diritto alla disconnessione e l’equità nell’accedere alle possibili opportunità di carriera.
Sarà inoltre necessario riuscire a sviluppare una concettualità differente di leadership a distanza e modelli di comunicazione che mantengano alta la sinergia tra team e colleghi, anche se fisicamente distanti.
La sfida da affrontare sarà quella di riuscire ad offrire un ambiente di lavoro che valorizzi l’equilibrio tra vita professionale e personale, unitamente a nuove opportunità di crescita, implementando però le tecnologie che facilitino il lavoro a distanza.
Guardando al femminile sarà fondamentale inoltre che lo smart working venga utilizzato non come un modo per accentuare il carico di lavoro domestico, ma come un’imperdibile occasione per poter meglio conciliare la vita privata con quella professionale, confermandosi così come risorsa preziosa e non come un ostacolo.