
Care amiche e cari amici,
c’è una verità che dobbiamo affrontare con coraggio: oggi sembra che nulla abbia valore se non viene condiviso. Una cena, un viaggio, persino un momento doloroso. Non basta vivere, bisogna dimostrare di vivere.
Ma mentre cerchiamo approvazione, stiamo svendendo la nostra privacy. Un bene che dovrebbe essere intangibile diventa la nuova moneta di scambio. Ogni “mi piace” ha un prezzo, e quel prezzo siamo noi.
Gli ultimi fatti di cronaca parlano chiaro: donne vittime due volte, prima della violenza, poi della diffusione pubblica della loro sofferenza. Le immagini corrono veloci sui social, i commenti si moltiplicano, la dignità si dissolve. In questa società iperconnessa, il dolore diventa contenuto, l’intimità spettacolo.
Non fraintendetemi: non è un attacco cieco ai social. Io stessa li utilizzo per lavoro, e so bene quanto possano essere strumenti potenti. Grazie a loro si può costruire, diffondere, connettersi. Ma proprio perché hanno questo potenziale straordinario, è urgente chiedersi: a quale prezzo?
La domanda che vi lascio è semplice, ma scomoda: quanto vale la nostra privacy? Perché se continuiamo a considerarla sacrificabile, rischiamo di scoprire troppo tardi che, quando davvero ci servirà, non ne avremo più.
Non possiamo cambiare da soli l’architettura dei social né fermare i giganti digitali. Ma possiamo cambiare noi, nel nostro piccolo, nel modo in cui usiamo questi strumenti. Ogni volta che scegliamo cosa condividere, ogni volta che rispettiamo la dignità altrui, stiamo già facendo la differenza.
Vi invito a riflettere, a non cedere alla fretta di un clic, a difendere la vostra privacy come un bene prezioso, perché lo è davvero. Solo così, insieme, possiamo restituire valore alla nostra vita fuori dallo schermo.