Un game show dedicato alle relazioni e ai sentimenti.
In occasione del lancio del suo nuovo programma “Mi presento ai tuoi”, abbiamo intervistato Lorena Bianchetti che su Rai 2 conduce il nuovo game show dedicato ai sentimenti, dove, ogni settimana, i giovani protagonisti, affiancati dalle loro famiglie, andranno alla ricerca dell’altra metà della mela.
Nel suo nuovo programma, partito lo scorso 9 dicembre, si trova a ricoprire il ruolo di “intermediaria” tra le famiglie e i ragazzi protagonisti. Come nasce la voglia di realizzare un programma di questo tipo?
Durante la mia carriera ho cercato di dare spazio tanto all’approfondimento quanto all’intrattenimento, perché penso che questo rispecchi la vita, ci sono momenti in cui si è seri e momenti in cui si è leggeri. Quanto al mio ruolo, mi definirei più un’amica. Mi piace poter dialogare con le due generazioni, entrare in contatto con loro, conoscerli e ascoltarli.
E per questo ruolo di amica su cosa si focalizza?
Credo sia importante avere questo approccio perché mi permette di raccontare quello che sono sia i genitori che i figli al di là degli stereotipi ai quali siamo abituati, questa è la cosa più importante. Oggi essere genitori significa avere strumenti diversi rispetto al passato, così come essere giovani. Per questo il mio atteggiamento nei loro confronti è di apertura e accoglienza, con un briciolo di provocazione per farli emergere davvero.
La trasmissione favorisce i rapporti in presenza. Cosa pensa della possibilità di conoscere persone con un solo click?
Nel momento in cui la Rai mi ha convocata sono andata ad assistere ai provini e sono rimasta sorpresa dalla forte domanda di partecipazione. Da un lato quindi vedo la cosa positivamente perché in studio c’è effettivamente l’approccio in presenza. Dall’altro c’è da capire e valutare quanto influisce il fatto di essere in televisione. Quanto al mondo virtuale, nel momento in cui c’è un uso eccessivo, sicuramente si pone un problema. Io cerco di vederla in maniera positiva, ma nella mia visione delle cose non può essere predominante in un rapporto.
Tra l’altro, come ha notato anche lei e gli altri ospiti, durante la puntata andata in onda sabato scorso le ragazze presenti erano molto spontanee, nonostante si trovassero in un set televisivo.
Tutto questo mi ha molto colpita perché quelle giovani donne si mostravano per ciò che erano davvero, con i loro pregi e i loro difetti. Questo significa che c’è in loro la consapevolezza di proporsi nella verità, senza servire inutili stereotipi. Le ho trovate anche molto indipendenti e credo che questo sia molto positivo. Io stessa sto imparando dai giovani in studio e trovo che l’ambiente sia molto stimolante.
Nel programma i protagonisti sono i sentimenti, in particolare l’amore. Crede ci sia differenza tra le relazioni sentimentali “di ieri” e “di oggi”? Come sono cambiati i rapporti tra genitori e figli?
Intanto mi auguro che il cuore continui a battere allo stesso modo nel momento in cui una persona si innamora, senza alcuna differenza tra ieri e oggi. Per quanto riguarda i genitori, per molti aspetti è cambiata la cultura, si pensi ai diritti delle donne. Non credo nella durezza e nell’imposizione, ma nella fermezza e nell’empatia. Io ho avuto dei genitori con i quali ho sempre potuto parlare e che mi hanno sempre ascoltata, nonostante ciò, quando qualcosa non mi era permesso, mi venivano date delle motivazioni. Questa è la stessa linea che sto seguendo da genitore. I no vanno motivati per far comprendere ai ragazzi il perché delle cose.
In studio è presente anche la psicologa Flaminia Bolzan che interviene di puntata in puntata. Ritiene che in Italia ci sia ancora lo stigma legato all’avviamento di un percorso di psicoterapia?
La dottoressa è affiancata anche dal giornalista Riccardo Bocca che analizza le vicende da un punto di vista sociologico. Per tornare alla domanda, credo che per alcuni punti di vista sia ancora così; tuttavia, si sta lentamente capendo che la psicoterapia è uno strumento di cui avremmo bisogno tutti. Credo che in questo processo la televisione abbia avuto un ruolo attivo molto importante.
In Italia, al contrario di quanto accade in gran parte d’Europa, l’educazione alla sessualità e all’affettività non è una materia obbligatoria a scuola. In Svezia, per dire, lo è in tutte le scuole dal 1955. Alla luce dei recenti casi di femminicidio, secondo lei sarebbe d’aiuto introdurre l’educazione affettiva come materia a scuola?
Secondo me è d’aiuto tutto. Sì all’educazione affettiva nelle scuole, sì al maggior tempo trascorso con i figli per poterli seguire di più da vicino, sì anche al ruolo pedagogico della televisione. È giusto che il piccolo schermo documenti la violenza, ma deve anche mostrare la bellezza dell’andare d’accordo. Credo sia necessaria una rivoluzione culturale e non soltanto in ambito amoroso. Non si tratta solo della scuola, ma di tutto: potrei fare l’esempio anche del modo di rapportarsi delle istituzioni.
Amiamo concludere le nostre interviste con un vizio, una virtù e un desiderio.
Virtù: l’amore per la vita, per la bellezza dell’incontro con l’altro e per l’armonia.
Vizio: mi sottopongo sempre a una spietata autocritica.
Desiderio: che i cuori delle persone si rasserenino.