Limitazioni all’accesso, controlli più rigidi e stop alle pubblicità mascherate: il nuovo fronte educativo passa anche dallo smartphone.

Scuole, autobus, palestre, camerette: ovunque ci sono ragazzi con un telefono in mano. Per molti adolescenti i social non sono più un passatempo, ma un’estensione della loro identità, uno spazio quotidiano di relazione, gioco e confronto. Ma dietro la naturalezza con cui i più giovani frequentano TikTok, Instagram e le altre piattaforme, cresce l’allarme su un utilizzo troppo precoce e spesso privo di adeguate tutele. È da questa consapevolezza che prende forma una proposta normativa destinata a cambiare profondamente l’accesso digitale delle nuove generazioni.
Il cuore dell’intervento riguarda l’età minima per aprire un profilo social: non più 13 anni, ma 15. L’obiettivo è semplice e ambizioso: evitare che ragazzi ancora troppo piccoli, spesso senza strumenti critici adeguati, vengano esposti a contenuti, pressioni esterne e dinamiche economiche che non sanno riconoscere né gestire. La possibilità di dare il consenso al trattamento dei dati personali, inoltre, verrebbe concessa in autonomia solo nella fascia tra i 14 e i 16 anni, per garantire maggiore consapevolezza e trasparenza.

Cosa aspettarsi dalle nuove regole
Una parte rilevante della riforma si concentra poi sulla pubblicità: sempre più contenuti diffusi dai minori hanno finalità commerciali non dichiarate. Dietro a un video “spontaneo”, a un gioco in famiglia o a una recensione divertente, si nasconde spesso una sponsorizzazione vera e propria. Il rischio è che i bambini non solo diventino inconsapevoli testimonial, ma che quel confine tra svago e mercato si dissolva del tutto. Le future linee guida, già annunciate, punteranno a rendere chiaro ciò che è contenuto e ciò che è advertising, tutelando i minori da possibile sfruttamento economico.
C’è un gran fermento con il disegno di legge all’esame dell’VIII commissione del Senato, che prevede che l’apertura (o il mantenimento) di account social per minori venga consentita solo a partire dai 14 o 15 anni. Saranno inoltre messi a punto maggiori controlli e vincoli, fino al raggiungimento dei 18 anni di età, per i fruitori delle piattaforme social.
Ma come far rispettare davvero le regole? Qui entra in gioco la tecnologia. A livello europeo si sta lavorando a un “portafoglio digitale” che certifica in modo sicuro identità e data di nascita degli utenti, impedendo l’accesso alle piattaforme a chi non ha l’età prevista. In attesa che lo strumento diventi operativo, l’Italia pensa a soluzioni temporanee: dall’utilizzo dell’identità digitale nazionale alla richiesta di documenti ufficiali al momento dell’iscrizione. L’importante, spiegano i promotori, è evitare di rimanere fermi in attesa della burocrazia, perché la velocità del web non concede pause.
La politica fa muro
Colpisce che su questo tema la politica sembri finalmente superare le divisioni ideologiche: sia maggioranza che opposizione riconoscono che la tutela dei minori online rappresenta un’urgenza sociale, non una battaglia di bandiera. Anche l’opinione pubblica si mostra sempre più sensibile al problema: genitori, insegnanti e psicologi chiedono regole chiare, perché la crescita “social” dei ragazzi non può essere lasciata al caso.
Quella che si apre ora non è una battaglia contro il digitale, ma una sfida educativa: restituire ai ragazzi spazi di connessione che siano sicuri, trasparenti e – soprattutto – adatti alla loro età. Perché il futuro digitale dei giovani non può essere affidato solo a una password e a un clic.










