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Ottavia Lavino-

Intervista al nostro concittadino  Shany Martin

L’artista ci ha parlato della  passione per il suo lavoro e dei suoi  progetti professionali.

Chi è Shany Martin?

Un tizio che di certo è più bravo a dimostrare amore attraverso le sue capacità artistiche che attraverso i normali e complicati “ti amo” in un rapporto di coppia. L’affetto che ho versato contemporaneamente a tante persone – attraverso il teatro, la radio e il cinema – mi è sempre tornato indietro in forma raddoppiata. Quello che mi ha dato meno soddisfazioni, invece, è stato l’amore versato su un’unica persona quando mi trovavo innamorato. Amare il pubblico è più facile che amare un uomo o una donna: è l’unico modo di essere poligamo senza uscirne condannato.

Comico, cabarettista, attore, imitatore, cantautore, speaker radiofonico, musicista e scrittore. Quale di questi ruoli ti appassiona di più?

Per essere un bravo comico bisogna essere un bravo attore. I bravi attori devono essere intonati, quindi dovrebbero essere anche un po’ cantautori ed imitatori, perché per essere tali ed affinare sempre di più le capacità vocali bisogna sviluppare il cosiddetto ‘orecchio musicale’ per riprodurre i suoni e le voci che si vogliono emettere. Gli speaker radiofonici devono essere appassionati di musica perché la loro voce vive in mezzo ai dischi. Essere scrittore aiuta a sviluppare le doti di comico, attore, imitatore, cantautore, speaker, musicista e di… uomo. Probabilmente è questo il ruolo che mi appassiona più di tutti, perché è da lì che parte tutto.

Come nasce la tua passione per lo spettacolo?

Devi sapere che da neonato, mentre la cicogna mi stava trasportando avvolto in un morbidissimo e candidissimo fazzoletto bianco, dissi un qualcosa che la fece ridere. Per forza di cose aprì il becco (le cicogne ridono a becco aperto come noi), io caddi giù e scivolai in una casa piena di amore e di film in videocassette. C’erano tanti nastri della grande Commedia all’Italiana, di Pier Paolo Pasolini, di Nanni Moretti. Crescendo cominciai a sognare di diventare come gli attori che vedevo sullo schermo. Anche se in realtà quello di diventare attore era un sogno molto intimo che probabilmente neanche io riconoscevo ancora. Da adolescente volevo soltanto diventare un chitarrista che non parlava con nessuno perché recitare era impensabile per un timido come me. Poi, a forza di sognare…

Ridere e far ridere oggi. Come trovi gli spunti?

Da spettatore rido molto spesso del ridicolo quando chi entra nel ridicolo non si rende conto di esserci appena entrato. Ossia mi piace ridere della comicità involontaria, di persone che si incontrano nella vita di tutti i giorni che non partono con l’intenzione di far ridere ma che alla fine costruiscono situazioni esilaranti, di una comicità che a tavolino è difficilissimo riprodurre proprio perché spontanea e non voluta. I miei comici preferiti non sono i grandi nomi dello spettacolo Italiano e Internazionale: sono persone che ho incontrato e che incontro per strada quasi tutti i giorni. Quando invece ho bisogno di far ridere gli altri mi basta semplicemente ispirarmi a quelle persone che mi hanno fatto tanto ridere amaramente…

Si nasce o si impara ad essere spiritosi?

Si nasce serissimi! Basti pensare al fatto che la prima cosa che facciamo quando veniamo al mondo è piangere. E ce menano pure! Credo che si possa imparare ad essere spiritosi a seconda della città, della famiglia, della realtà in cui si nasce. Se ognuna di queste cose ha una o più caratteristiche tra l’assurdo e il ridicolo, ci si riesce abbastanza facilmente. Ma non è detto che essere spiritosi nella vita sia una patente per poterlo essere su un palcoscenico o su uno schermo. Ma purtroppo…

La tua ultima fatica?

Ho lavorato come doppiatore nel film “Mi fanno male i capelli” di Roberta Torre, vincitore alla diciottesima Festa del Cinema di Roma. Presentato e selezionato dal Cinema Nuovo Sacher di Nanni Moretti: questa è la medaglia più bella che ho ricevuto negli ultimi tempi. E’ stato il mio esordio nel settore del doppiaggio cinematografico. E’ stata un’esperienza molto faticosa, ho perso trentatré anni di vita ma a parte questo ne è valsa la pena. Come attore, invece, sono tornato davanti alla macchina da presa per un piccolo cammeo nel film dedicato a Paolo Villaggio che si intitolerà “Come è umano lui”, in uscita nel 2024 con la regia di Luca Manfredi.

Un sogno nel cassetto

Mi piacerebbe diventare regista, autore e interprete di storie cinematografiche. Magari cominciando dai cortometraggi, chissà. Un giorno vorrei poter dirigere me stesso sul grande schermo. Essere regista ti permette di essere libero di raccontare la tua storia e di interpretarla come meglio credi e senti. Essere soltanto attore, invece, significa fidarsi ed affidarsi completamente nelle mani di un’altra persona (il regista) ed eseguire in silenzio anche se credi che l’indicazione che ti viene data per interpretare quel ruolo non sia completamente giusta per te.  

Amiamo concludere le nostre interviste con un vizio, una virtù e un desiderio

Un vizio: concedo sempre interviste.

Una virtù: concedo interviste a riviste bellissime come questa.

Un desiderio: un’altra intervista per NONSOLOROSA, magari durante una vacanza a Montecchio Maggiore, in Veneto, mia vera terra d’origine.